San Marco

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San Marco

“La chiesa dove suonò Wolfgang Amadeus Mozart”

Al Santo protettore di Venezia è dedicata l’antica chiesa che fa angolo con via Fatebenefratelli, chiesa fondata nell’XI secolo, ma ricostruita dai padri agostiniani duecento anni più tardi. Facciata e campanile denunciano lo stile gotico lombardo, ma si tratta per gran parte d’una imitazione tardo ottocentesca, opera di Carlo Maciachini.

L’interno della chiesa è manomesso da sovrastrutture di stucco e dall’aggiunta di cappelle gentilizie del XVI secolo e successivi; ma non è da trascurare, nella prima cappella a destra, quanto rimane degli affreschi cinquecenteschi di Paolo Lomazzo (autore, anche, della pala d’altare, siglata e datata 1571); e, alle pareti del presbiterio, le due grandi tele seicentesche, una di Camillo Procaccini (a destra), l’altra di Giovan Battista Crespi. Alla parete sinistra della chiesa, terza campata, Madonna con Bambino, affresco monocromo di cerchia leonardesca. Notevoli, infine, il fastoso insieme pittorico del coro (autore, il Genovesino) e, in sacrestia, la pala d’altare di Bernardino Campi Sacra Famiglia col vescovo San Siro.

Ma la zona di gran lunga più interessante di San Marco è il suo transetto destro ove sono stati raccolti e sistemati (1956-59) i reperti principali della chiesa più antica. La parete maggiore del transetto (parete destra per chi segua il nostro itinerario) è ricoperta in alto da un movimentato affresco seicentesco dei Fiammenghini; nella zona inferiore spuntano affreschi più vecchi di tre secoli, e la poesia che ne emana è condanna al gusto di coloro che pensarono di ricoprirli con altre pitture. Alla base degli affreschi trecenteschisi allineano tre belle arche marmoree, anch’esse trecentesche, opera dei maestri campionesi. Un quarto monumento sepolcrale domina la parete centrale del transetto: capolavoro d’arte medioevale, che la critica assegna a Giovanni di Balduccio oppure a Bonino da Campione e aiuti, il sarcofago custodisce il corpo di Lanfranco Settala, padre generale degli Ordini Agostiniani e fondatore della basilica attuale, di cui pose la prima pietra nel 1254.

Sulla sinistra del grande sarcofago Settala si apre l’arco d’ingresso a una delle cappelle antiche ripristinate. Se levate in su il capo, vedrete un superstite tratto della decorazione trecentesca: il Cristo e quattro Apostoli. Alle pareti laterali della cappella sono incastonate due arche, anch’esse del XIV secolo: è forse di Giovanni di Balduccio (o di Matteo da Campione?) quella di destra; l’altra, che raccoglieva le ossa del giureconsulto Salvarino Aliprandi, è di scuola lombarda. Sono ancora di Giovanni i due angeli goticheggianti ai lati dell’arca Aliprandi, mentre la tomba sulla parete di fondo, assai più rozza, è attribuibile a scuola lombarda del secolo successivo. Sempre in questa cappella, e sulla parete destra della successiva, sono stati riportati su tela gli avanzi di tre importanti e suggestivi affreschi, databili fra il 1280 e il 1320 – una vera rarità a Milano – che andavano scomparendo alla base del campanile della chiesa, nell’antica cappella di Sancta Maria. Un altro affresco – specie di trittico murale – si trova incastonato sulla sinistra della cappella che dà sulla strada: si tratta di una pittura del 1340 circa.

Un ultimo appunto su San Marco riguarda la tradizione musicale della basilica: essa ha avuto ulteriore conferma nel restauro dell’antico organo, costruito nei primi anni del Cinquecento, rielaborato sul finire di quel secolo da un grande specialista, il bresciano Costanzo Antegnati. Fra il gennaio e il marzo del 1770 troviamo ospite dei padri agostiniani di San Marco il più celebre degli enfants prodige, Wolfgang Amadeus Mozart, alloggiato nel convento attiguo alla chiesa (di cui oggi restano solo pochi archi manomessi). In quella sua prima visita a Milano, Mozart aveva quattordici anni; l’abate Giuseppe Parini avrebbe scritto più tardi per lui il libretto dell’Ascanio in Alba; e un secolo più tardi, esattamente il 22 maggio 1874, ebbe luogo in San Marco la prima esecuzione della Messa da Requiem di Verdi in memoria del Manzoni. Dirigeva l’autore.

Il Tombon de San Marc

La via San Marco era un tempo occupata dal Naviglio Piccolo, detto Martesana. Qui si allargava in una darsena, il Tombon de San Marc, prima di avere l’ultima conca che immetteva nella cerchia interna. Alla tecnologia della chiusa, con lo sportellino anti ribaltamento dei barconi, concorse anche Leonardo da Vinci. Sullo sfondo l’edificio che divenne la sede del Corriere della Sera. La copertura dei Navigli, operata fra gli anni ’20 e i ’50 del secolo scorso fu un vero scempio del paesaggio storico milanese.